Trattamento di Fine Rapporto (TFR)
Natura del TFR
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è un’indennità che il lavoratore subordinato matura durante il rapporto di lavoro e riceve alla sua cessazione. L’art. 2120 del Codice Civile stabilisce infatti che in ogni caso di termine del rapporto di lavoro il dipendente ha diritto al TFR. In sostanza, il TFR è una parte della retribuzione annua trattenuta dal datore di lavoro e differita al momento dell’uscita del lavoratore, a garanzia del sostegno economico nei mesi successivi alla fine del contratto.
Ambito di applicazione e diritto al TFR
La disciplina del TFR si applica a tutti i lavoratori subordinati del settore privato e a determinate categorie di dipendenti pubblici con rapporto di diritto privato. In pratica, ogni dipendente ha diritto al TFR alla fine del rapporto di lavoro, a prescindere dalla causa: licenziamento, dimissioni volontarie, pensionamento, scadenza del contratto a termine, ecc. La normativa italiana prevede che in tutti questi casi il TFR debba essere corrisposto. Ciò significa che il lavoratore “accantona” anno per anno una quota di stipendio che riceverà in un’unica soluzione quando cessa il contratto.
Calcolo e rivalutazione del TFR
La misura del TFR è definita dalla legge (art. 2120 c.c.) con una formula matematica. Per ogni anno di servizio si accantona una quota pari alla retribuzione annua lorda divisa per 13,5. Ad esempio, se la retribuzione annua lorda è di 27.000€, la quota annua di TFR sarebbe di 2.000€. Generalmente la retribuzione annua considerata include stipendio base, mensilità aggiuntive e altri emolumenti fissi (escludendo solo voci occasionali come buoni pasto o rimborsi spese). La somma così determinata viene poi rivalutata ogni anno per tenere conto dell’inflazione: si applica un tasso annuo composto pari all’1,5% fisso più il 75% dell’aumento dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo. In questo modo il TFR mantiene un potere di acquisto aggiornato nel tempo.
Anticipazioni e destinazione del TFR
Al termine del rapporto il TFR viene normalmente pagato tutto in una volta al lavoratore. Tuttavia la legge prevede anche alcune possibilità di utilizzo anticipato o diverso dell’accantonamento. In particolare, con almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro il lavoratore può chiedere in costanza di rapporto un’anticipazione del TFR fino al 70% di quanto maturato. Le motivazioni ammesse dalla legge per ottenere l’anticipo sono tassativamente legate a esigenze documentate, quali ad esempio spese sanitarie straordinarie o l’acquisto/ristrutturazione della prima casa di abitazione (per sé o per i figli).
Inoltre, dal 2007 è possibile destinare il TFR maturando a forme di previdenza complementare. Il decreto legislativo n. 252/2005 ha introdotto il meccanismo del “silenzio-assenso”: se il lavoratore non esprime una scelta specifica, il TFR viene trasferito automaticamente a un fondo pensione aziendale o negoziale. Questa opzione permette di incrementare la pensione integrativa del lavoratore e offre anche vantaggi fiscali rispetto alla tassazione ordinaria del TFR.
Normativa di riferimento e tutele
La disciplina del TFR si basa principalmente sull’articolo 2120 del Codice Civile e sulla legge 297/1982, che ha istituito anche il Fondo di Garanzia per il TFR. In base a queste norme il datore di lavoro è obbligato ad accantonare annualmente il TFR del dipendente. La legge 297/1982, art. 2, ha inoltre creato un fondo speciale gestito dall’INPS al quale i lavoratori possono ricorrere se l’azienda è insolvente o fallisce. In pratica, in caso di fallimento o inadempienza del datore di lavoro il fondo garantisce comunque il pagamento del TFR ai dipendenti, assicurando così la tutela del diritto acquisito.

