Criptovalute: aspetti legali in Italia
Definizione e status giuridico
Le criptovalute sono valute digitali che operano tramite tecnologia blockchain, non emesse né garantite da alcuna banca centrale o autorità pubblica. In Italia esse non hanno corso legale, cioè non sono moneta ufficiale riconosciuta per legge. Pertanto un venditore non è tenuto ad accettarle e non valgono come alternativa all’euro per il pagamento dei debiti. Le autorità italiane – come Banca d’Italia e Consob – ricordano spesso che le criptovalute presentano rischi elevati e limitate tutele giuridiche per il risparmiatore.
Quadro normativo e vigilanza
A livello europeo è entrato in vigore il regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets) che disciplina tutti i “crypto-asset”. In Italia questa normativa è stata recepita con il D.Lgs. 5 settembre 2024, n.129, il cui scopo è creare un quadro normativo chiaro per gli operatori crypto. Tale decreto stabilisce le definizioni delle diverse cripto-attività (criptovalute, stablecoin, token vari) e identifica Consob e Banca d’Italia quali autorità di vigilanza. Gli operatori che offrono servizi legati alle criptovalute – come exchange o wallet provider – possono operare solo se autorizzati secondo le nuove regole. Il decreto impone inoltre a questi soggetti obblighi di trasparenza e sorveglianza analoghi a quelli del sistema finanziario tradizionale, al fine di tutelare gli investitori e prevenire abusi di mercato.
Obblighi antiriciclaggio
In Italia i prestatori di servizi di criptovalute sono considerati giuridicamente simili ai cambiavalute. Già dal 2017 il D.Lgs. 25/2017 ha incluso i fornitori di wallet e di servizi di scambio cripto tra i soggetti tenuti alla normativa anti-riciclaggio. In pratica questi operatori devono applicare misure di know-your-customer, segnalare operazioni sospette e sono obbligati a registrarsi in un’apposita sezione del registro gestito dall’Organismo degli Agenti e Mediatori (OAM). Ciò significa che chi gestisce conversioni o custodia di criptovalute in Italia deve attenersi alle stesse regole di controlli fiscali e finanziari previste per i cambiavalute tradizionali.
Fiscalità delle criptovalute
Dal punto di vista fiscale, la Legge di Bilancio 2023 (L. 207/2022, commi 126-147) ha introdotto per la prima volta regole specifiche per le criptovalute. Le plusvalenze realizzate dalla vendita o scambio di criptovalute sono ora inquadrate come redditi diversi nella dichiarazione dei redditi. In particolare, se il controvalore medio mensile delle posizioni supera i 2.000 euro, tali guadagni sono tassati al 26%. Inoltre le criptovalute detenute all’estero devono essere dichiarate nel quadro RW, come qualsiasi altra attività finanziaria, e sono previste sanzioni se non vengono indicate. In pratica il contribuente deve comunicare al fisco sia l’esistenza delle criptovalute sia gli eventuali redditi (plusvalenze) da esse derivanti.
Tutele per gli investitori
Le autorità avvertono che, nonostante il nuovo inquadramento normativo, le criptovalute restano strumenti ad alto rischio con protezioni limitate. La Consob e le Autorità di vigilanza europee sottolineano che gli investimenti in crypto non godono delle stesse garanzie delle normali attività finanziarie: ad esempio in caso di perdite non esistono fondi di garanzia o indennizzi specifici. Gli utenti devono inoltre verificare che gli operatori con cui operano siano autorizzati e custodiscano in sicurezza le chiavi private. In generale, le autorità italiane invitano alla prudenza, ricordando che le criptovalute sono soggette a grande volatilità e non hanno protezioni legali come l’euro.

