Salario minimo
Che cos’è il salario minimo
Il salario minimo legale è la retribuzione minima garantita per legge a un lavoratore: il datore di lavoro non può pagare meno di quella soglia. Serve a evitare salari troppo bassi e a garantire uno standard di vita dignitoso, in relazione al costo della vita del paese. In pratica lo Stato fissa un “pavimento” salariale sotto il quale nessuno scende. Gran parte dei paesi UE (21 su 27) ha già questa regola: ad esempio in Spagna oggi il minimo è 1.323 € lordi al mese e in Germania 2.161 € (dati Eurostat, gennaio 2025). L’introduzione di tale misura ha lo scopo di contrastare la povertà lavorativa, ridurre le disuguaglianze di reddito e aumentare la domanda interna, poiché i lavoratori con stipendi più alti tendono a spendere di più.
Perché in Italia non esiste ancora?
In Italia non esiste un salario minimo legale per scelta storica: la Costituzione (art.36) affida a sindacati e imprese il compito di fissare i minimi retributivi tramite contratti collettivi nazionali (CCNL). Oggi ci sono oltre mille CCNL in vigore, che contengono “minimi tabellari” settoriali aggiornati periodicamente, e coprono oltre il 90% dei lavoratori dipendenti. I sostenitori di questo sistema (anche un recente rapporto del CNEL) affermano che, con salari medi intorno a 7,10 € l’ora secondo l’Istat 2019, l’Italia è già vicino ai parametri europei e non ha “fame” di una legge nuova. D’altra parte, oppositori del salario minimo legale notano che l’aumento dei costi potrebbe colpire soprattutto le piccole imprese e il lavoro a bassa produttività . In effetti, studi internazionali (tra cui ricerche di David Card, premio Nobel 2021) suggeriscono che un aumento moderato del minimo non riduce in modo significativo l’occupazione, ma molti concordano sulla necessità di calibrare bene la soglia per non danneggiare i posti di lavoro.
Effetti positivi del salario minimo
L’introduzione di un salario minimo alzerebbe i redditi dei lavoratori più poveri, riducendo la povertà lavorativa. Come nota l’ISTAT, in Italia circa 1,25 milioni di dipendenti guadagnano meno di 8,9 €/h, e la quota di lavoratrici donne e giovani tra di essi è particolarmente alta. Garantendo una paga minima, si creerebbe una sorta di “tetto inferiore” nei salari che allontana dalla soglia di povertà chi oggi guadagna troppo poco. Di conseguenza si ridurrebbero le disuguaglianze di reddito e si rafforzerebbe la coesione sociale. Inoltre, più soldi nelle tasche dei lavoratori a basso reddito stimolerebbero i consumi interni e la crescita economica: studi europei osservano che i salari più alti in busta paga favoriscono la domanda aggregata. Infine, secondo l’INAPP (Istituto per l’analisi delle politiche pubbliche), un minimo salariale calibrato bene aiuterebbe quasi 3 milioni di lavoratori poveri in Italia (di cui 2 a tempo pieno) e restituirebbe “dignità al lavoro”.
Effetti negativi e criticitĂ
Introdurre un salario minimo comporta anche aumenti di costo per le imprese, in particolare per i settori che pagano stipendi molto bassi. Come osserva People&Change360, ciò può tradursi in prezzi più alti di beni e servizi e in una possibile riduzione delle assunzioni. Ad esempio, un’analisi italiana segnala che un salario minimo di 9 €/h lordi porterebbe a un “notevole aumento del costo del lavoro” e sarebbe tra i più alti dell’OCSE. Se il livello fosse fissato troppo in alto, si rischierebbe di spingere le aziende a ridurre l’occupazione regolare o a ricorrere a forme di lavoro nero (tassando, appunto, soprattutto chi non può sostenere quel costo). Altri critici sottolineano che un salario minimo obbligatorio potrebbe indebolire la contrattazione collettiva stessa, togliendo una parte dell’autorità negoziale ai sindacati. In sintesi, secondo l’OCSE bisogna evitare soglie troppo basse (che non aiuterebbero i lavoratori) ma anche troppo alte (che causerebbero danni all’occupazione): per l’Italia è suggerito un range prudente di circa 5–7 € lordi all’ora.
Confronto con altri paesi europei
In Europa quasi tutti i paesi più ricchi hanno già un salario minimo. Ad esempio, nel 2025 il salario minimo mensile lordo è di 2.638 € in Lussemburgo, 2.161 € in Germania e 1.323 € in Spagna. All’estremo basso della graduatoria ci sono Bulgaria (551 €) e Paesi più poveri dell’Est. L’Italia fa parte del piccolo gruppo (insieme a Svezia, Danimarca, Finlandia, Austria, Cipro) che invece affida tutto alla contrattazione. L’Unione Europea sta lavorando a una direttiva (2022/2041) che incoraggia salari minimi “adeguati ed equi”, ma non obbliga un paese come l’Italia a introdurlo per legge. Di fatto, nessuna norma UE attuale ci impone di cambiare il modello attuale, anche se anzi invita tutti a garantire criteri di trasparenza e adeguamento dei minimi (se già esistenti) e a contrastare il lavoro